Giurato al Trapani Film Festival 2025, Roberto Pischiutta (in arte Pivio) presenta per l’occasione il docufilm che lo vede protagonista, Musicanti con la pianola (2024). Alla regia del lavoro Matteo Malatesta, che firma un documentario in cui musica e cinema si intrecciano come nella vita dello stesso musicista e compositore.
Un nome, quello di Pivio, che da oltre due decenni va a braccetto con quello del collega Aldo De Scalzi, in un lungo sodalizio artistico nel campo della musica da film. Tutto ha avuto inizio “per una serie di casi”, ha spiegato al De Core Podcast. “Li chiamo casi, ma in realtà erano tasselli che a un certo punto si sono incastrati, come in un puzzle”.
Il primo di questi tasselli risale al 1996 quando, ricorda Pischiutta, “con la mia band del tempo avevamo fatto un disco con un cantante palestinese. Era un lavoro molto strano, un po’ etno, un po’ techno, un po’ prog… Dentro c’erano tanti spunti musicali. Quel disco finì nelle mani del produttore Marco Risi, che vi trovò qualcosa di interessante”.

“Dopo qualche mese mi chiama un suo assistente – prosegue Pivio – ‘C’è un regista che vorrebbe incontrarvi’, ci dicono. Era Ferzan Ozpetek, che abitava praticamente a trenta metri da casa mia. Ci vedemmo per una chiacchierata, poi salimmo a casa. Fu, quindi, una casualità ma se non avessimo fatto quel disco, probabilmente, oggi farei ancora l’ingegnere, che era il mio lavoro all’epoca”.
Ma come lavora chi scrive musica per il cinema?
Ogni film è diverso. Quello che ho imparato subito è che non esistono regole fisse. Con Aldo abbiamo fatto più di 220 film tra cinema e televisione, e ogni volta è un’esperienza nuova. Preferiamo lavorare su un film almeno parzialmente montato: ci permette di ascoltare il suono, la recitazione, l’intonazione, tutti elementi con cui interagiamo. Non facciamo “musichine” di riempimento, ma lavoriamo frame by frame. Certo, ci sono state occasioni in cui abbiamo iniziato già dalla sceneggiatura, come per Ammore e malavita, con un lavoro di preparazione enorme ancora prima delle riprese.

Tra i tanti lavori, c’è stata una scena che l’ha emozionata particolarmente?
Succede sempre. È forse la nostra salvezza: ancora oggi facciamo questo lavoro con grandissima passione, non come semplice mestiere. A volte mi capita persino di risentire un brano che avevo scritto anni fa e di dimenticare che fosse mio. Mi sorprende e mi emoziona ancora.
Quando vai al cinema o guardi un film a casa su cui non hai lavorato, ti concentri sulla colonna sonora?
Se succede, è un brutto segno. Significa che la musica sta sovrastando il film. E nella vita quotidiana, paradossalmente, è il contrario: sento che c’è troppa musica in giro, diventa un sottofondo costante e non rimane nulla. Io vorrei momenti specifici, in cui la musica arriva e ti sorprende.
La carriera di Pivio e De Scalzi in Musicanti con la pianola
In Musicanti con la pianola Pivio lascia le retrovie del cinema, ed entra in scena per raccontare la sua esperienza tra note, parole e immagini. “È un film molto legato a Genova, la nostra città”, ha raccontato quindi Pivio. “Tutta la musica che si ascolta proviene da film a cui abbiamo lavorato, ma è quasi tutta eseguita dal vivo. Volevamo dimostrare che la musica da film può avere una vita successiva, autonoma. Dentro ci sono tanti amici e musicisti, alcuni purtroppo non ci sono più. È un film particolare: visivamente è pop, fa ridere – soprattutto nella prima parte, con gli aneddoti dei nostri esordi – ma anche piangere”.

Un esempio?
Con il mio primo gruppo, gli Scortilla – nati come band post-punk poi virati verso l’elettronica – facemmo un concerto in cui tutti spaccavano strumenti sul palco. Ma noi eravamo poveri: se avessimo distrutto chitarre e batterie sarebbe finita lì. Allora spaccammo il locale. Il proprietario ci inseguì con la pistola! Un inizio bello rock’n’roll…
Ma piano piano il tono cambia.
Sì, il film prende anche pieghe più intime, quando racconta di persone care che non ci sono più. Potremmo definirlo un po’ un Ennio 2: se il film su Morricone si fermava agli anni ‘80-’90, noi raccontiamo cosa succede dopo, fino a oggi. La regia è di Matteo Malatesta, un giovane genovese che sul set è sempre presente, quasi come un Virgilio che guida il racconto.