Attore, regista, documentarista, conduttore. Ma prima di tutto, siciliano. Pif (vero nome Pierfrancesco Diliberto) è stato ospite della serata conclusiva del Trapani Film Festival, premiato con un riconoscimento speciale in qualità di Artista Patrimonio del Territorio. E intervistato sul palco nel talk del De Core Podcast, Pif ha regalato aneddoti e ricordi di vita e carriera. A partire proprio dai primi passi lavorativi.
«Mio padre, negli anni Ottanta, aveva una casa di produzione a Palermo quindi io giocherellavo con i video», ha spiegato. «Anche se nei miei primi video non avevo niente da dire. E questo è fondamentale per chi fa il nostro lavoro: avere qualcosa da dire. Oggi la tecnologia è molto più a portata di mano quindi puoi fare un filmato tecnicamente buono, ma non vuol dire che sia il tuo lavoro».
«La regola numero uno resta sempre quella: se non si ha niente da dire, bisogna stare zitti. Questo è fondamentale. Che è in controtendenza in questo momento», ha aggiunto.

Le storie di chi non si rassegna e il ruolo della scuola
Ma come scegliere, allora, cosa raccontare? «In realtà non c’è una storia in particolare», ha risposto Pif. «A me piacciono le storie della gente che non si rassegna, al mondo com’è. Mi piace la gente che non accetta la frase “è sempre stato fatto, è sempre stato così”. E credo che la Sicilia avesse bisogno di questo: siamo vittime de Il Gattopardo, un libro bellissimo ma è arrivato il momento di cambiare pagina, perché lo abbiamo usato come alibi. Quindi quando vedo una persona che vuole cambiare il mondo, io la ammiro. Il mondo cambia grazie a queste persone che di solito fanno sempre una vita difficile, orrenda. C’è chi va avanti, chi cambia le cose sempre. Si sacrifica».
Ecco, quindi, uno dei temi più cari a Pif. «La verità è che sono fissato con la mafia perché la lotta alla mafia è una lotta che ti insegna tante cose che vanno oltre la lotta contro un’organizzazione criminale. Chi negli anni Sessanta e Settanta diceva “la mafia va sconfitta” era considerato un folle un pazzo. Dire che la mafia va sconfitta è un dato di fatto fuori dalla retorica. E la nostra vita è migliorata grazie a quella follia e a quelle persone che spesso sono morte perché non erano circondati da persone altrettanto folli».

«È una lezione che insegno anche a mia figlia: studiate non solo per combattere la mafia ma per la vita. Gesualdo Bufalino diceva “sconfiggeremo la mafia con un esercito di insegnanti” e sta avvenendo. La mafia va sconfitta partendo dalla scuola, non possiamo aspettare la magistratura che interviene quando c’è stato il reato».
Politica, lavoro e spettacolo
Nella vita, come nella professione, Pif dimostra coerenza e impegno. «Sono grato del fatto che mi permetto, ed è un lusso in questo Paese, di poter dire quello che voglio senza penalizzare troppo il mio lavoro. Credo che in un paese civile la tua idea politica e il tuo lavoro dovrebbero essere due cose separate ma purtroppo non succede. E questo è un segno di debolezza della democrazia. Io ringrazio il cielo che, ancora oggi, mi posso permettere – pagandolo un pochettino ma non così tanto – di poter dire quel che voglio senza esserne penalizzato».

«Purtroppo la politica entra nel mondo dello spettacolo – ha proseguito –. Certo, la situazione non è drammatica e prova è il fatto che io continuo a fare i miei programmi. Però, quante persone del mondo dello spettacolo, quando gli si chiede, “per chi voti?” Rispondono che il voto è segreto? Perché se no tu non puoi campare, non puoi lavorare. Ecco, io l’ho sempre visto con un segno di debolezza. C’è una democrazia, hai il tuo pensiero politico e non deve influenzare il tuo lavoro. Purtroppo questa cosa non sempre succede».
E a proposito di lavoro, Pif sta per tornare alla regia di un lungometraggio proprio in Sicilia, di cui però il regista non può ancora dire nulla. «Sto per girare un film di successo – me lo dico da solo!, sorride – in cui si parlerà molto siciliano». Da vero Artista Patrimonio del Territorio.